La storia - Isola di ponza. L'Isola delle isole.

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La Storia
L’uomo preistorico conobbe questo mare. E lo conobbero i fenici e greci che, dopo aver scoperto Ischia, si spostarono più a ovest e s’imbatterono in Ventotene e Ponza, lasciandovi tracce di una presenza più intuita che documentata, ma sicura. Dopo di loro queste acque furono percorse da un altro popolo, gli Aurunci, misterioso d’origine quanto concreto nelle testimonianze che ha lasciato. Tra i personaggi più illustri forzatamente relegati a Ponza e dei quali l’intreccio tra pietà, fantasia e riscontri storici ha concorso a perpetuare un vivace ricordo, è San Silverio, venerato patrono dell’isola. Eletto papa nel 536, inviso a Teodora moglie dell’imperatore Giustiniano, sostenitrice di Antimo, patriarca di Costantinopoli, deposto perché eretico, Silverio rifiutò ogni compromesso. A suo danno furono costruite prove di tradimento: Theodora ne ottenne l’arresto l’invio in esilio nell’isola di Palmarola dove il papa morì l’11 novembre 537. Con l’antico nome di Palmaria gli autori latini si riferiscono sia a Palmarola sia a Ponza. La conseguenza fu che Silverio, poi canonizzato come martire, trascorse con tutta probabilità il suo esilio a Ponza, ma la leggenda ne collocò il ricordo a Palmarola, che appariva nella sua solitudine, luogo più adatto a sottolineare l’oltraggio ad un pontefice. Lo “scoglio di San Silverio” a Palmarola accoglie sulla sua sommità una cappellina che la pietà popolare vuole sia sorta sui resti della forzata residenza del santo. All’isola Omero dette, forse il primo nome “eea”, da eos, un nome dell’aurora. Dopo Omero vennero altri leggendari, coma Apollio, Stradone, e Virgilio che la chiamarono l’isola di Circe. Era considerata un posto dove gli abitanti erano pigri e si lasciavano affascinare dalle fanciulle. Le leggende ci dicono che la maga circe trasformò gli uomini in animali e la donne in sirene, perché dovevano svolgere un determinato lavoro: attirare i navigatori per farli cadere in trappola. Omero racconta che Ponza era la dimora della maga Circe, la quale voleva trattenere Ulisse e la sua truppa. Era luogo di domicilio per quelli che avevano commesso reati contro lo stato, per le donne indesiderate e per i cristiani perseguitati. Molti secoli dopo divenne, per un periodo, luogo di penitenza per i nemici dei Borboni. Nel periodo fascista era diventata luogo di confino per alcuni uomini politici avversi al regime che era al potere. Vi dimorò anche Giulia, la figlia di Augusto, che, poi, fu portata in una villa di Ventotene, perché implicata nelle congiure contro la sua matrigna, Livia Drusilla.   

Le escursioni a piedi.  

Passeggiate alla scoperta di un antico paesaggio agrario, di ambienti rurali, di nuovi panorami, di agavi e fichi d’India: brevi escursioni possono compiersi per stradelli. L’archeologia subacquea offre una straordinaria ricchezza, che i pirati delle anfore conoscono molto bene. Numerose sono le navi onerarie che giacciono sui fondali delle isole Pontine. L’archeologia subacquea traccia una mappa storica dell’evolversi dei commerci e delle provenienze delle merci trasportate: dal vino nostrano all’olio spagnolo, dalla salsa di pesce ai datteri africani. Sui fondali si trovano anche ricordi delle guerre mondiali: il relitto del “Corriere di Ponza” , silurato da un sottomarino tedesco il 21 marzo 1918 nel mare di Zannone; il relitto di una nave da trasporto americana, affondata da una tempesta nel marzo 1944 presso la costa di Ponza a Punta del Papa. La struttura di Ponza è sostanzialmente settecentesca: risale, infatti, al periodo della colonizzazione borbonica, che ebbe inizio nella metà del Settecento con l’arrivo delle prime famiglie ischitane e, successivamente, Procidane. L’elemento primario del nucleo urbano è il porto, attorno al quale ruotano la vita economica e l’organizzazione della città. La Torre che domina la Rada di Ponza fu ricostruita a cominciare dal 1556 sui ruderi di una precedente costruzione d’epoca romana. A decretarne il recupero e la riedificazione fu Papa Sisto IV, che volle dotare l’isola di un’opera militare che meglio la tutelasse dagli attacchi dei pirati. Solo molti anni dopo, e grazie ai Borboni, la Torre assunse l’attuale configurazione. La grande costruzione era dotata inoltre di un ospedale che si sviluppava su due piani e conteneva svariate celle carcerarie. La grande cisterna idrica d’epoca romana presenta l’imboccatura centrale a quattro metri sotto il livello della strada provinciale. Essa venne scavata nel fianco del monte e in parte ricoperta di cemento e di opus reticolarum. È quella meglio conservata delle tante che sono disseminate sull’isola. È a tre navate e risale al I° secolo della nostra era. Molte leggende si raccontano intorno all’impianto che era tutto istoriato di mosaici quasi intatti fino ai primi anni del 900. La più famosa è quella dell’esistenza di un mitico serpente che viveva, eternamente sveglio, a guardia di un tesoro preziosissimo. Si narra anche dell’esistenza di un cane nero che seguiva silenziosamente chiunque si avventurasse negli ampi e scuri ambienti, così come dell’impossibilità di tenere acceso qualsiasi fuoco che servisse per fare un po’ di luce, perché immancabilmente spento da un soffio maligno. In epoca moderna, il primo a studiare la Grotta del Serpente è stato l’archeologo Amedeo Maturi che nel 1926 rilevò sia la cisterna che i resti di un’imponente villa di epoca imperiale, oggi in gran parte interrata.
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